REPUBBLICA PARTENOPEA DEL 1799: Il giovane avvocato Giuseppe Poerio (1775-1843), allora rivoluzionario e giacobino, il 23 gennaio 1799 cavalcò a fianco del generale Championnet nella solenne entrata a Napoli e partecipò attivamente all’organizzazione della Repubblica e alla difesa dei suoi ideali . Condannato a morte dopo la restaurazione dei Borbone, ebbe la pena commutata all’ergastolo e fu relegato in una fossa della Favignana a 125 scalini sotto terra. Liberato nel 1801 tornò all’esercizio della professione forense. Col ritorno dei Francesi a Napoli nel 1806, ricoprì varie cariche pubbliche sotto il regno di Giuseppe Buonaparte e di Giocchino Murat
LA RIVOLUZIONE NAPOLETANA DEL 1820 -1821:
Giuseppe Poerio, divenuto nel frattempo liberal-moderato, e Matteo Imbriani(1782 -1847), furono eletti deputati al Parlamento. Falliti i moti costituzionali, furono arrestati per aver difeso le libere istituzioni. Condannati all’esilio, ritornarono a Napoli, rispettivamente nel 1833 e nel 1831.
L’ESPERIENZA COSTITUZIONALE DEL 1848-49 A NAPOLI:
Carlo Poerio (1803-1867) e Paolo Emilio Imbriani (1808-1877) affermatisi fra i maggior esponenti del liberalismo militante, furono eletti deputati al Parlamento espletando importanti cariche pubbliche e ministeriali.
Alessandro Poerio (1802-1842), fratello di Carlo, morì a Venezia il 3 novembre 1848 per le ferite riportate a Mestre combattendo contro l’Austria.
Dopo i tragici fatti del 15 maggio 1848, Ferdinando II, revocata la Costituzione, ripristina l’assolutismo abbandonandosi ad una spietata reazione.
Carlo Poerio fu arrestato, sottoposto a processo e condannato a 24 anni di ferro; Paolo Emilio Imbriani, ricercato dalla polizia, riesce a mettersi in salvo scegliendo la via dell’esilio, trascorso tra Nizza e Torino.
Dopo la caduta del Regno delle due Sicilie, entrambi furono eletti deputati al primo Parlamento nazionale, che il 17 marzio 1861 dichiarò costituito il Regno d’Italia.
Vittorio nel 1859 durante la II guerra d’indipendenza contro l’Austriam, si arruolò nell’esercito piemontese; in seguito, nel 1866, prese parte, come volontario garibaldino, alla III guerra d’indipendenza: fatto prigioniero a Bezzecca (22 luglio), fu recluso per 20 giorni in Croazia.
Matteo, nel 1860, si unì ai garibaldini partecipando alla spedizione dei Mille per la liberazione del Mezzogiorno dalla tirannide borbonica: fatto prigioniero a Castelmorrone (ottobre 1860), fu liberato all’indomani della definitiva vittoria piemontese a Gaeta contro l’esercito borbonico (febbraio 18612). Nel 1866 a Custoza (III guerra d’indipendenza) e nel 1867 a Mentana (secondo tentativo garibaldino di occupare lo Stato pontificio).
Giorgio, appena quattordicenne scappò di casa per raggiungere Garibaldi sull’Aspromonte, in Calabria (agosto 1862: primo tentativo di liberare lo Stato pontificio); nel 1866 partecipò come volontario, insieme al fratello Vittorio, alla campagna contro l’Austria (III guerra d’indipendenza); nel 1867 fu di nuovo tra i garibaldini per la liberazione di Roma dalla teocrazia papale. Dopo la catastrofe dell’impero napoleonico a Sedan ad opera dei Prussiani (settembre 1870), accorse in Francia ancora con Garibaldi per sorreggere le sorti della III Repubblica francese: vi morì da eroe nei campi di Digione, il 21 gennaio 1871.
In seguito, i due superstiti fratelli Imbriani, Vittorio e Matteo, continuarono ad operare, ciascuno in funzione della proprie scelte, diverse, ma pur sempre indirizzate alla ricerca del “bene comune”.